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Minestra primavera pag... 1 2 3
		Sdan! E’ il rumore di una cucchiaiata ben assestata col cucchiaio di 
		legno, quello che si usa per mescolare la minestra nella pentola.
		Sdan! Sul dorso della mano di mio fratello, voleva provare la cottura 
		della pastina in brodo che stavo cucinando.
		In realtà l’ho chiamato io, non per assaggiare però, come di solito, 
		questa volta non volevo che assaggiasse! Cioè… 
		Mi spiego meglio: se il brodo era giusto di sale sii! Ma lui… Con quelle 
		sue mani leste… Aveva già immerso il cucchiaio… Facciamo così!.. Vi 
		racconto la storia dall’inizio, altrimenti sarà difficile comprendermi.
		
		Inverni rigidi nel Salento se ne contano pochi ma quello era da 
		annoverare tra questi. 
		Era da due settimane che non si vedeva il sole, il cielo era sempre 
		oscurato da questi nuvoloni quasi neri, gonfi di nevischio. 
		Si passava direttamente da una notte all’altra. Il freddo percepito era 
		pungente e glaciale. 
		Due settimane che si cenava con brodo vegetale, per 
		riscaldarsi un po’ prima di andare a letto. 
		Io è mio fratello, abitavamo in casa di mia madre. 
		Mio fratello 
		lavorava, usciva la mattina e rientrava per pranzo, poi riusciva per 
		rientrare, sempre puntuale, la sera verso le 20:00, ora di cena. 
		Io assistevo la mamma, anziana sofferente, e sbrigavo le faccende 
		domestiche. 
		Nuovamente si presentava un’altra giornata polare, cadevano piccole 
		gocce di acqua mista a neve. 
		Giovedì! Il pomeriggio i negozi sono chiusi. Una ragione in più per 
		armarsi di coraggio e fronteggiare l’avversità. Bisogna uscire fuori a 
		fare la spesa e pensare anche per la cena.
		Mentre pensavo questo una voce mi liberò la mente, e subito altri 
		pensieri presero il posto.
		“Antonella! Sbrigate a mamma! Vane fanne a spesa cusì ne chiutimu allu 
		cautu, ca antorna osci u friddu porta i tenti”. 
		(Antonella! Sbrigati la mamma! Vai a fare la spesa così ci chiudiamo 
		al caldo, che nuovamente oggi il freddo è forte.) 
		Era mia madre. Mi esortava a sbrigarmi nelle faccende domestiche e 
		uscire, per la spesa, in modo tale che al mio rientro, tranquille di non 
		dover più uscire per niente, ci saremmo rintanate in casa al caldo del 
		camino. 
		“Va bene mamma,” risposi io. 
		Parlottammo un po’ e ci mettemmo d’accordo su cosa acquistare per il 
		pranzo e per la cena.
		Per cena decidemmo il solito brodino, 
		“Cusì fraita se scarfa nu picchi, quannu rriva” 
		(Così tuo fratello si riscalda un po’, quando arriva) disse, ma 
		a me il solito brodino, per l’ennesima volta, non andava giù. 
		Andai al supermercato, lo sguardo cadde su uno scaffale dove c’erano 
		delle pastine liofilizzate, quelle che si reidratano nell’acqua bollente 
		e sono pronte. 
		Una in particolare attiro la mia attenzione “MINESTRA PRIMAVERA”. 
		L’immagine sulla confezione era molto invitante, un piatto colmo di 
		stelline immerse nel brodino ricco di carote, sedano e tutto quello che 
		la mia fantasia ci vedeva dentro. 
		Pensai, brodino si ma almeno cambiamo gusto, mio fratello farà il bis e 
		si leccherà i baffi che non ha. Quante ne devo acquistare? Saranno 
		bustine monoporzione? 
		Una cosa soprattutto mi tranquillizzò, leggendo sulla confezione c’era 
		scritto “Per tre persone”. 
		Tornai a casa contenta e soddisfatta dell’acquisto. 
		La giornata trascorse tranquillamente e finalmente arrivò l’ora di 
		preparare la cena. 
		Felice di quello che mi accingevo a fare mi agghindai a puntino per 
		l’occasione, grembiule pulito e ben legato, capelli legati ecc. ecc. e 
		cominciai ad operare. 
		Mia madre lavorava ad uncinetto, stava lavorando al disegno intricato di 
		un pavone, concentratissima per non sbagliare mi chiese meccanicamente 
		cosa ci fosse per cena. 
		Lei aveva chiesto espressamente il brodo, quindi sapeva cosa c’era per 
		cena, probabilmente presa e concentrata lo domandò e io gli risposi: “una 
		bustina di minestrina, di quelle tutte pronte”. 
		Sempre concentrata sul lavoro che stava svolgendo mi disse: 
		“Ah, si Antonella? Bona! Cu lu papà alla Svizzera le pijavane sempre; 
		però nna bustina?.. Viti ca è picca! Pe comu manciamu nui almeno nci ne 
		olene doi. 
		(Ah, Si Antonella? Buona!. Con papà in Svizzera le prendevamo 
		sempre; però una bustina?.. Guarda che è poca! Per come mangiamo noi ce 
		ne vogliono almeno due.) 
		“None mamma! Una basta.” 
		(No mamma! Una basta.) 
		“Allora nciole nu paccu te pastina lostessa a quiddha ta bustina, cusì 
		te rreguli, se è picca la aggiungi” 
		(Allora ci vuole un pacco di pastina uguale a quella della bustina, 
		così ti regoli, se è poca la aggiungi.) 
		“None mamma! Ieu aggiu lettu su a confezione e tice: tre porzioni. Ieu, 
		tie e lu Roccu”. 
		(No mamma! Io ho letto sulla confezione e c’è scritto: tre porzioni. 
		Io, te e Rocco.) 
		E poi, a quell’ora di giovedì sera, dove andavo ad acquistare un pacco 
		di pastina!.... 
		
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 L'anima tu Romeo -
		La domenica delle Palme
		
	
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